Lo scorso 2 aprile all’Hotel Giò di Perugia sono stati presentati i risultati del progetto regionale DEM-CAREGIVER, il primo studio in Italia che ha affrontato il problema dell’Alzheimer anche dal punto dei vista dei caregiver, cioè di coloro che si occupano dei malati, che sempre più spesso sono colpiti da stress, ansia e depressione e per i quali sono stati sperimentati in Umbria due interventi di supporto: uno di tipo psicosociale e uno formativo.
L’indice di vecchiaia in Italia e in Europa sta crescendo ed entro il 2050 si stima che la metà della popolazione avrà più di 50 anni, con un importante aumento degli ultraottantenni e una crescita esponenziale dei casi di malattia di Alzheimer (che si stima raddoppieranno nell’Europa occidentale e triplicheranno nell’Europa orientale) e delle conseguenti necessità socio-assistenziali. L’attenzione a coloro che si occupano di assistere i malati di Alzheimer – che in Italia e in Europa sono generalmente membri della famiglia e nel 68 per cento dei casi donne in età lavorativa – non può essere quindi sottovalutato. Si consideri che il cosiddetto caregiver, che mediamente dedica più di 72 ore settimanali in attività assistenziali e che talvolta (uno su quattro) è costretto a lasciare il lavoro, non solo soffre più frequentemente di ansia, depressione e stress, ma ha un indice di mortalità più elevato della popolazione generale della stessa fascia di età.
Coordinato dalla USL Umbria 1, in base ai criteri forniti dal Centro Nazionale di Epidemiologia dell’Istituto Superiore di Sanità, il progetto sperimentale, che ha visto la partecipazione dei principali centri U.V.A. (Unità Valutiva Alzheimer) attivi nel sistema sanitario regionale umbro, si configura come uno studio clinico multicentrico randomizzato che ha coinvolto 320 coppie formate dal caregiver e dal rispettivo malato di Alzheimer, provenienti da tutte le cittadine umbre, confrontando due tipologie di interventi di supporto: un intervento di tipo individuale, volto ad incentivare il supporto sociale e familiare al caregiver principale e a monitorare ansia e depressione, e un intervento tradizionale di formazione in gruppo su temi specifici riguardanti la malattia di Alzheimer (dalla diagnosi alla descrizione dei disturbi cognitivi e comportamentali). Sebbene l’ipotesi sia da verificare, a 12 mesi l’intervento psicosociale individuale è risultato efficace nel ridurre lo stress dei familiari di pazienti affetti da malattia di Alzheiemer.
Dal punto di vista dei metodi e dei risultati il progetto di ricerca DEM-CAREGIVER si è dimostrato un successo per il sistema sanitario umbro, che si è dimostrato capace di avviare unasperimentazione unica nel suo genere, centrata sulla medicina di territorio, sull’integrazione socio-sanitaria (anche con l’importante contributo offerto dalle associazioni no-profit di assistenza ai malati di Alzheimer) e sull’approccio multidisciplinare (con equipe formate da medici e psicologi). “Un patrimonio che – ha detto il dottor Vanacore dell’Istituto Superiore di Sanità – non deve andare disperso, ma che può invece trasformarsi in uno degli assi portanti della programmazione regionale”.