Terni, 31 luglio 2019 – A Terni oltre il 25% dei pazienti nefropatici che devono fare la dialisi non ricorre più alla cura in ospedale (tre volte la settimana per quattro ore) ma ha accesso alla dialisi domiciliare, una possibilità terapeutico-assistenziale capace di offrire una migliore qualità della vita, in cui l’Azienda ospedaliera di Terni ha fortemente creduto e lavorato negli ultimi due anni in termini di riorganizzazione di percorsi multidisciplinari, formazione e investimenti in tecnologia e risorse umane. Se si considera che la pratica della dialisi domiciliare è intorno al 10% in Umbria e poco superiore in Italia, e che in Umbria vi sono zone dove ancora è assente o troppo poco presente, quello ternano è un risultato molto importante, che non soltanto si vuole potenziare ma che apre la strada alla costruzione di una vera rete nefrologica regionale tra le aziende sanitarie ospedaliere e territoriali, sul modello di poche altre regioni italiane come ad esempio la Puglia.
La dialisi è il trattamento che sostituisce la funzione dei reni nei pazienti affetti da insufficienza renale avanzata. Questo trattamento, che deve essere solo un ponte verso il trapianto renale (garantire un maggior numero di trapianti è il vero obiettivo che ci si deve porre), incide molto sulla qualità di vita delle persone, perché la dialisi aumenta la disabilità e il disagio sociale.
Nel 2013 in Umbria, secondo i dati del Registro, 850 pazienti ogni milione di abitanti era in dialisi, con 190 nuovi ingressi per anno, e solo 1 paziente su 10 poteva essere curato a casa propria. “Oggi la dialisi è qualcosa di differente – spiega il dottor Riccardo Maria Fagugli, direttore della struttura di Nefrologia e dialisi – perché grazie all’innovazione e all’organizzazione socio-sanitaria si può garantire una migliore qualità della vita, ed è questa la strada che da poco meno di due anni l’Azienda Ospedaliera di Terni ha voluto intraprendere. In particolare a Terni, nel 2017 solo 1 paziente ogni 12,5 faceva dialisi presso la propria abitazione mentre oggi, – prosegue il dottor Fagugli – dopo un investimento in personale e tecnologia, e dopo un’attenta riorganizzazione dei processi assistenziali, 1 paziente ogni 4 ha questa possibilità. Significa che molte più persone affette da malattia renale avanzata, non dovendo dipendere a giorni alterni dall’ospedale, possono mantenere il proprio stile di vita, la capacità lavorativa e l’integrazione sociale. Inoltre oggi si è in grado di personalizzare la dialisi e grazie all’integrazione con appropriate diete e all’attività fisica, si può ridurre il numero dei trattamenti. In questo senso, – conclude Fagugli – l’Azienda ospedaliera di Terni rappresenta un punto di riferimento in Umbria e non solo, e la sua esperienza collaudata apre la strada alla costruzione di quella rete nefrologica regionale che è poi parte essenziale del Piano Sanitario Regionale presentato nei mesi passati”.
In sintesi la Nefrologia di Terni ha reso operativo un vero e proprio Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PDTA) per migliorare la qualità della vita del nefropatico, costituendo e mettendo in rete una equipe di infermieri, dietisti, fisioterapisti, psicologi e medici capace di intercettare e dare risposte appropriate a tutte le esigenze dei pazienti. Oggi l’ospedale Santa Maria di Terni, oltre che essere punto di riferimento per patologie acute e di alta specializzazione, è in grado di affrontare la malattia renale cronica ed il trattamento dialitico secondo i più avanzati standard assistenziali, grazie alla dotazione di nuovi macchinari sia per l’emodialisi domiciliare sia per la dialisi peritoneale notturna con controllo telematico in remoto, e soprattutto grazie all’impegno e alla formazione di un team che ruota intorno ai problemi specifici del paziente, personalizzando la cura con lo scopo di garantire una migliore qualità della vita.