Si è tenuta oggi 6 novembre, al Centro Servizi Camerali “Galeazzo Alessi” (via Mazzini, 9), la seconda giornata del workshop “Energie Positive” promosso e organizzato dalla Fondazione Italianieuropei. Dopo le due due sessioni della mattinata in cui si è discusso di “L’Efficienza energetica” e del “Sistema industriale e le tecnologie per l’energia”, nel pomeriggio si è parlato dell’opzione nucleare e delle energie rinnovabili: politiche nazionali e regionali.
A trattare il delicato argomento “dell’opzione nucleare” Maurizio Cumo, ordinario di Impianti Nucleari dal 1976 presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università Sapienza di Roma, che ha introdotto il tema dei reattori nucleari. “I reattori di III generazione avanzata non vanno confusi con quelli della IV generazione, che saranno disponibili non prima del 2040. In generale alla base dei progetti dei reattori c’era la possibilità che i sistemi di sicurezza controllassero le perdite radioattive. I sistemi di III generazione avanzata permettono nel caso di ‘Fusione del nocciolo dei reattori’ che la radioattività rimanga imprigionata all’interno dell’edificio che contiene il reattore.
La radioattività deve essere quindi contenuta e poi asportata dall’interno con tutte le dovute precauzioni. Il rendimento dei reattori di III generazione avanzata è aumentato dallo 0,6% allo 0,8%. Quindi il rendimento nell’utilizzo dell’uranio è aumentato del 33%. La IV generazione pretende qualcosa di più. C’è nelle tipologie studiate la possibilità di fare dei reattori cosiddetti ‘veloci’ che possono distruggere i prodotti pericolosi e quindi minimizzare le scorie. Il punto è che ad oggi non si è certi se si riuscirà a fare questa IV generazione, anche perché si propone obiettivi ambiziosi: la sicurezza intrinseca; il massimo rendimento; la minimizzazione dei rifiuti radioattivi e minimizzazione della proliferazione”.
Federico Testa, Parlamentare e Responsabile energia del Partito Democratico, ha contribuito al dibattito: “L’opzione nucleare – che ha certamente vantaggi dal punto di vista delle emissioni di anidride carbonica, ma che presenta ancora rilevanti problemi per ciò che riguarda le scorie – è un’opzione esistente che richiede estremo rigore, serietà e coinvolgimento delle popolazioni per poter essere sviluppata anche nel nostro paese. Da questo punto di vista il modo con cui il Governo si è mosso sul tema è stato certamente non all’altezza di quanto avrebbe richiesto il progetto: non si tratta solo del cronico ritardo rispetto agli impegni presi, ma anche delle scelte di basso profilo rispetto alla neonata Agenzia per la sicurezza nucleare (dove sono stati inseriti due giuristi il cui merito principale può essere quello di far riferimento al ministro dell’ambiente Prestigiacomo) nonché del mancato coinvolgimento delle collettività potenzialmente interessate. In questo modo una scelta su cui era possibile ragionare è stata trasformata dal governo in una sorta di ‘manifesto ideologico’ che avrà ben poca possibilità di essere realizzato”.
Giuseppe Zampini, Amministratore delegato di Ansaldo Energia, ha ricordato come sia importante oggi investire in ricerca e tecnologia, nelle università e non solo. Servono nel nostro paese nuove risorse, anche in termini di ingegno. Giovani laureati che siano capaci di portare freschezza e innovazione nel mercato nascente. Il sistema industriale italiano è pronto a cogliere la sfida di un progetto nucleare per il paese non solo come mero costruttore di opere civili, ma con imprese in grado di fornire tecnologie nucleari all’avanguardia. Parlando delle rinnovabili Zampini ha rilevato che “si è registrato un forte incremento dei costi, un dato che va considerato anche alla luce della complessità del sistema e della tecnologia. Le poche aziende italiane che si sono cimentate nella produzione non sono rientrate nei costi e oggi in Italia il 72% dei pannelli è importato dall’estero. La difficoltà attuale è quella di far partire un sistema che veda nelle forme di energia una opportunità”.
La discussione è proseguita con la sessione dedicata alle “energie rinnovabili: politiche nazionali e regionali”. Henri Baguenier, amministratore del Fondo di investimento Novenergia II, nel suo intervento di apertura del panel ha introdotto il tema della produzione di energia dal punto di vista industriale e di mercato. Partendo dalla constatazione del forte rinnovamento del mercato della produzione di energia in questa fase, le industrie tradizionali di energia (nucleare, petrolio, carbone, ecc) vedono oggi le rinnovabili come un elemento di concorrenza anche dal punto di vista dei capitali investiti, che nel 2009 hanno visto investimenti per settanta miliardi per produzione di elettricità. Questi investimenti seguono sia obiettivi industriali che di politica energetica, e in questo modo si spiegano gli incentivi e gli altri strumenti di supporto alle rinnovabili di cui i diversi paesi si sono dotati”.
Francesco Castellani, docente alla Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Perugia, ha spiegato come da un punto di vista tecnico chi amministra il territorio si trovi di fronte ad una serie di numeri che non sempre è in grado di interpretare. “Da un punto di vista economico – ha rilevato – sono le politiche di incentivazione a fare la differenza. Il piano energetico umbro del 2004 aveva previsto un numero minimo di impianti fotovoltaici, mentre ad oggi tale numero è cresciuto moltissimo. Per quanto concerne il tema ambientale bisogna fare i conti con due diverse realtà: una che ha emissioni inquinanti e quindi facilmente calcolabili e un’altra che ha tecnologie a zero emissioni più difficilmente calcolabili. Dal punto di vista del paesaggio bisogna tener presente che il paesaggio non è una cosa immobile da preservare in maniera assoluta, e come tale può prestarsi all’introduzione di tecnologie come quella eolica”.
Marzio Galeotti, Professore Ordinario di Economia dell’ambiente e dell’energia dell’Università degli studi di Milano, ha affrontato il tema delle risorse rinnovabili approfondendo gli aspetti di politica economica e industriale. “La crisi economica ha avuto tra le conseguenze anche un calo di consumi da un punto di vista energetico. Questo cambiamento ha rimesso in discussione tutti i ragionamenti di politica energetica e climatica, effettuati con sottostanti ipotesi di crescita economica. Questa riduzione di emissioni, che è solo congiunturale, fa oggi avvicinare il nostro paese al raggiungimento degli obiettivi di Kyoto. Ma, proprio per il suo carattere congiunturale, non si può accantonare la ricerca e l’investimento sulle energie rinnovabili e sulle politiche ambientali. Nel ragionamento su politiche nazionali e regionali, non ci si può fermare all’autosufficienza energetica di una singola Regione”.
Stefano Sylos Labini, ricercatore dell’ENEA Casaccia, nel suo discorso mette in massima evidenza lo sviluppo del settore industriale partendo dalla propria esperienza. Racconta che dalla fine degli anni Ottanta si è cercato un modo per sviluppare la produzione in Italia e si era iniziato con il settore eolico, che poi è stato abbandonato. “Abbiamo avuto un forte sviluppo della quota di energia rinnovabile – afferma – Oggi si inizia a muovere qualcosa: all’interno dell’ENEA, ad esempio, stiamo realizzando un impianto solare termodinamico che è in fase di messa a punto. Questo è un esempio di nuova tecnologia in Italia. Il nostro compito è di potenziare il settore di produzione delle tecnologie ecologiche. La problematicità italiana è però che si investe ancora troppo poco in ricerca e innovazione”.
Angelo Tartaglia, docente al dipartimento di Fisica del Politecnico Torino, spiega che “per attuare le politiche energetiche bisogna aver ben presente quali sono gli obiettivi. Nel nostro caso quelli dell’Unione europea del 20-20-20. E’ necessario inoltre tener ben presente quali sono le implicazioni. C’è difficile compatibilità tra la riduzione dei consumi e la crescita del prodotto interno lordo. Anche se riuscissimo a raggiungere gli obiettivi imposti in 12 anni, ridurremo del 20% il consumo, ma dal 13mo anno il consumo rischierebbe di tornare a crescere. Bisognerebbe dunque non prendere il PIL come unico parametro. Per ridurre i consumi sarebbe quindi necessario rendere più efficienti i processi produttivi e pensare alle fonti energetiche nell’ambito delle rinnovabili. Le rinnovabili stesse hanno una bassa densità, fatto che rappresenta un problema tecnico e non strutturale. Bisognerebbe quindi pensare di più all’autoproduzione e al risparmio. Per quanto concerne gli incentivi in materia energetica, ne abbiamo molti e il rischio è che producano effetti distorsivi. In Italia, inoltre, non c’è una produzione autonoma di molte tecnologie, in particolare dei pannelli. Ci sarebbe la potenzialità del settore del sistema eolico, ma ci sono ancora poche industrie presenti”.
Silvano Rometti, assessore all’ambiente della Regione Umbria, nel suo intervento ha ricordato che “nel programma dell’Amministrazione Regionale il tema dello sviluppo economico delle energie rinnovabili è prioritario. Attualmente stiamo cercando di adottare una serie di azioni coerenti per raggiungere questo obiettivo. Stiamo procedendo ad una pianificazione territoriale, ma dobbiamo porre attenzione affinché le esigenze ambientali non contrastino con le esigenze paesaggistiche. Abbiamo di recente adottato un regolamento sul fotovoltaico che cerca di favorire l’installazione di impianti, ma insieme tiene conto dei numerosi vincoli ambientali che abbiamo qui in Umbria. Regoleremo presto anche la produzione di energie rinnovabili da biomasse e stiamo preparando il nuovo piano energetico regionale che sarà pronto nei mesi a venire”.
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Domani (domenica 7 novembre), grande giornata conclusiva sul tema della “Politica europea dell’energia”: l’appuntamento è alla Sala dei Notari di Palazzo dei Priori (Piazza IV Novembre) dalle 10,30 alle 12,30. Modererà l’incontro il giornalista Giuliano Giubilei (TG3). Sul tavolo dei relatori si confronteranno: il presidente della Fondazione Italianieuropei Massimo D’Alema, l’amministratore delegato F2i Vito Gamberale, l’amministratore delegato GSE Nando Pasquali, e Paolo Scaroni, amministratore delegato ENI.