25 febbraio 2023 (Luigi Campi) – Chi va a Colfiorito non può non notare un ampio spazio delimitato, nel quale sorgono alcuni lunghi fabbricati, oggi utilizzati come negozi: sono le famose Casermette. Hanno una storia antica e dolorosa. Dobbiamo risalire al 1882, quando l’allora Reale Genio Civile fece costruire delle baracche in muratura e una palazzina destinata al Comando. Qui arrivavano reparti provenienti dalle caserme di Foligno, Terni, Fano e Ancona, per perfezionarsi nell’arte della guerra.
E così fu per tanti anni, fino alla fine della prima guerra mondiale, quando i locali ritornarono al demanio civile che li affittò a privati. Divennero stalle o magazzini, finché una circolare del Ministero della Guerra decretava che in Italia era necessario costruire campi di concentramento, dove rinchiudere le tante persone ritenute scomode dallo Stato. Ospitò antifascisti, ritenuti politici pericolosi.
La guerra non fu una guerra lampo, così gli internati nei campi aumentarono, e aumentavano anche i contrasti tra di loro, per divergenze ideologiche e per cose da nulla. A settembre del 1943, venuti a conoscenza della firma dell’armistizio, gli internati organizzarono una fuga. In 1.200 riuscirono a fuggire, mentre altri 300, non convinti sulla riuscita del piano di fuga, rimasero. I fuggiaschi riuscirono a salvarsi. Ben più triste sorte toccò ai 300 rimasti. Furono imprigionati dai Tedeschi e trasferiti nei campi di lavoro in Germania. Una volta finita la guerra, le casermette continuarono, per altri 40 anni, ad essere gestite dal Ministero della Guerra che ne fece un campo di addestramento e un poligono di esercitazioni per il reggimento di stanza a Foligno. È ancora viva l’immagine dei militari che partivano per recarsi alle casermette di Foligno, dove era il poligono di tiro. Poi tutto finì, insieme alla leva che, dal 2005, non fu più obbligatoria. E le casermette? Passate in gestione al Comune di Foligno, diventarono un villaggio commerciale con supermercati, negozi di vario genere, bar, ristoranti.