Perugia, 10 marzo 2024 (Luigi Campi) – Il 5 giugno del 1424, dopo tre giorni di agonia a seguito di una ferita mortale subita in una battaglia sotto le mura dell’Aquila, forse vittima di un tradimento, moriva Braccio Fortebracci, già Conte di Montone e Signore di Perugia dal 1416. Il noto capitano di ventura, forse il più celebre del suo tempo, vantava, tra gli altri titoli, anche quello di Principe di Capua e Gran Connestabile del Regno di Napoli. Per volere di papa Martino V, suo acerrimo nemico, che lo aveva più volte scomunicato, le spoglie furono inumate a Roma in terra sconsacrata.
Ma in verità il valoroso Braccio, devoto a San Francesco e per questo nominato “il braccio di Francesco”, aveva espresso la volontà di essere sepolto nella chiesa perugina di San Francesco al Prato, cosa che avvenne solo otto anni dopo ad opera del nipote Niccolò della Stella e per concessione del nuovo papa. A seicento anni dalla sua morte, nel 2024, Braccio tornerà nella Cappella degli Oddi, all’interno della sua amata chiesa, dopo un lungo restauro che aveva richiesto lo spostamento dell’urna con le sue spoglie.
Ma chi era Braccio Fortebracci e perché Perugia gli dedica ormai da nove anni, normalmente nel secondo fine settimana di giugno, una rievocazione storica?
Nel nome dell’evento, “Perugia 1416”, ci sono i tratti salienti del legame che il coraggioso capitano di ventura ebbe con il capoluogo umbro. In particolare, la data 1416 si riferisce all’ingresso a Perugia di Braccio Fortebracci, vincitore, per le sue grandi doti strategiche, della storica battaglia di Sant’Egidio. Era il 12 luglio 1416. Una data importante, una pagina significativa della storia che a Perugia segnò simbolicamente il passaggio tra Medioevo e Rinascimento.
Con le sue imprese memorabili e quasi mitiche, Braccio coltivava il sogno di un regno italico proprio nell’Italia centrale del XV secolo, di cui Perugia sarebbe dovuta essere la capitale. Ciò non avvenne mai, nonostante i tanti territori conquistati lungo la Penisola, perché dopo otto anni, il 5 giugno 1424, Braccio morì nell’assedio dell’Aquila, forse vittima di un tradimento.
Sulla sua personalità così come sulla sua morte circolano testimonianze varie e leggende. Fu “di natura crudele, e empia, e poco amico di S. Chiesa” (scrive Camillo Tutini) e di ogni religione, “la sua parola era dolce e carezzevole; aveva però un temperamento crudele” (scrive Enea Silvio Piccolomini,) Ma non si può negare che seppe ridare a Perugia, durante la sua Signoria, pace e buongoverno gettando, con il suo mecenatismo, quei semi che preludevano al Rinascimento.